Cancelliera, Angela Merkel, ha definito un programma ambizioso, tra cui spiccano l’accordo sull’ormai moribondo trattato costituzionale, quello su una politica energetica comune improntata a maggiore efficacia e quello per l’instaurazione di un rapporto più forte con i paesi dell’ex impero sovietico.È questa la tesi di What to expect from the German Presidency, l’ultimo policy-paper curato da Katinka Barysch, del .La studiosa del think tank inglese ritiene infatti che il successo del programma per il semestre di presidenza tedesco sia legato soprattutto alla capacità di riconnettere l’Europa ai suoi cittadini ed alle sue imprese. L’analista sostiene che per centrare l’obiettivo, la Germania dovrebbe agire sia sul piano simbolico, ad esempio, cogliendo l’occasione dell’anniversario dei Trattati di Roma del 1957 per una grande operazione di consolidamento valoriale tra i cittadini dell’Unione. Sia sul piano politico concreto: l’autrice pensa ad esempio ad un radicale cambio di indirizzo nel sistema della governance europea, attraverso ad esempio, la deregolamentazione e lo snellimento della burocrazia. Significativo, a proposito delle ambizioni tedesche, il titolo scelto per l’agenda del semestre: Europa neu begründen, “Il Rilancio dell’Europa”. Proprio l’assenza di leadership, tuttavia, Ora, questo da senza dubbio alla Merkel un’autorevolezza “a prescindere”, ma pone anche su di essa aspettative e responsabilità che la sola volontà politica non garantisce affatto esser fondate. Barysch, grande attenzione è rivolta all’analisi del programma da cui si evince, ad esempio, che lUn’ambiguità analoga si trova poi nelle politiche ambientali. La Commissione europea, infatti, ha recentemente tagliato il limite di emissioni di Co2 consentito alla Germania. Le industrie tedesche non hanno certo gioito ed è così che, da qualche tempo, gli europarlamentari tedeschi fanno lobbying su Bruxelles perché allarghi i cordoni della borsa climatica, concedendo un innalzamento dei limiti di inquinamento. Il problema, in tal caso, non sarà tanto quello di raggiungere un accordo, ma rivoluzionare l’approccio europeo in tema, facendo della sfida ambientale la grande occasione per il rilancio “etico” ed economico dell’Unione. Sfida complessa, se ne converrà. Ma forse, per la Merkel, neppure la più complessa. - dal Libano all’Iraq;In breve, i tavoli su cui la Merkel ha intenzione di sedere sono: Russia, Europa orientale, Asia centrale. Un’altra questione è quella dei rapporti con i paesi confinanti con la Ue. Per la Merkel l’obiettivo principale è rafforzare la cooperazione con i paesi dell’est per ridurre il rischio di instabilità di quelle aree e così scongiurare le inevitabili ricadute che una crisi economica e politica in quell’area avrebbe sulla Germania. Il dossier sull’’Asia centrale, infine, pone l’obiettivo di avviare un rapporto di profonda cooperazione con paesi ad alta instabilità come l’Uzbekistan, il Kazakhstan ed il Turkmenistan, che rappresentano una minaccia Secondo l’autrice, la Merkel – come già auspicato da Tony Blair allo sfortunato summit di Hampton Court – vuole convincere i cittadini che l’Europa ha ancora molto da offrire loro. Per questo il vertice primaverile, generalmente dedicato alla discussione sulle questioni economiche, affronterà stavolta il tema delle sfide ambientali. La Ue insomma deve ritrovare le proprie ragioni nella capacità di affrontare – se unita e forte – le più complesse sfide dell’epoca globale, quelle economiche come quelle sociali e quelle sulla sicurezza. Ma al tema – sottolinea sarcasticamente la Barysch – la Presidenza tedesca ha ritenuto di poter dedicare appena qualche riga del suo ambizioso programma: che sia forse un segno dei nodi di difficile soluzione che la questa reca seco?. Ma c’è un problema di tempi che rende tutto più difficile. La Germania pensa infatti di riuscire in breve a trovare un accordo sulle parti da eliminare e quelle che, del vecchio trattato possono ancora funzionare. Al summit di giugno, quindi, non si arriverebbe con un nuovo trattato da firmare ma solo con una road-map condivisa sul come e quando il trattato dovrà esser ridefinito. La data auspicata dalla Presidenza tedesca per l’approvazione definitiva è il maggio 2009, quando si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del parlamento europeo e si insedierà la nuova Commissione. Ma per rispettare questa tabella di marcia, i governi dovrebbero accordarsi entro il 2007 sull’avvio di una conferenza intergovernativa “rapida” che dovrebbe riuscire nel tentativo ambizioso di fare in modo che i 27 paesi membri approvino il nuovo testo entro i primi mesi del 2008. più realisticamente, la Germania punterà ad ottenere il massimo entro il suo semestre di Presidenza, prima cioè di lasciare la guida al Portogallo. Che riesca davvero ad ottenere qualcosa è tuttavia tutto un altro paio di maniche. Il maggior problema, tuttavia, è rappresentato dalla Francia che non potrà nei fatti impegnarsi in alcun tipo di negoziato almeno fino alle prossime elezioni presidenziali di maggio. Certo, allora che, in un contesto così arduo, la sola risorsa cui confidare per una prospettiva di successo appare ormai l’arte del compromesso. La Merkel, d’altra parte, deve il fortunato esordio sulla scena internazionale proprio alla capacità diplomatica dimostrata, alla conclusione del semestre inglese, trovando l’accordo sul budget europeo dopo il lacerante “tira-e-molla” tra i conservatori della vecchia Europa e i modernizzatori dell’Europa globale. Tuttavia, secondo alcuni, è proprio il perseguimento delMa i problemi per la Cancelliera, non si esaurisco qui. Tra questi, l’obiettivo di ridurre entro il 2012 il fardello normativo che grava sulle imprese europee del 25%. Certo, le imprese ne gioirebbero ma secondo il commissario responsabile del dossier, il tedesco Günter Verheugen, questo comporterebbe un aggravio per il bilancio comunitario di 150 miliardi di euro. A farne le spese, quindi, alla fine sarebbero i governi nazionali che, come nel caso dell’Italia, non aspettano invece altro che addossare all’Europa la responsabilità di scelte di politica economica che non hanno il coraggio di assumere su di sé e che mai appoggerebbero quindi un provvedimento che togliesse loro l’alibi dei sacrifici fiscali imposti ai loro cittadini.
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