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Towards a New Grand Bargain for Peace: The Progressive Codification of International Security Law


Janusz Onyszkiewicz, Vice-Presidente del PE ed ex Ministro degli Esteri polacco,Center for International Relations, CIR (Varsavia), World Security Institute, WSI (Bruxelles e Washington), Asian Century Institute, ACI (Londra). I lavori si sono conclusi con la sottoscrizione di un action plan che, nel corso dei prossimi due anni, attraverso seminari, workshop e pubblicazioni - elaborerà rapporti sulle tre aree interessate dal progetto: la sovranità, le armi di sitruzione di massa e la sicurezza umana per le quali, con il workshop di Bruxelles e la presentazione dei primi rapporti, è stata inaugurata la prima fase di investigazione.

re gli obiettivi da perseguire: identificare gli scopi di una nuova formulazione del concetto di sovranità; mobilitare il supporto di soluzioni legislative; tracciare uno schema di una proposta normativa. Janusz Onyszkiewicz, nell’intervento che ha inaugurato i lavori, si è appellato ad una maggiore sensibilità nella gestione della crisi iraniana. Sostenuto da Greg Austin, direttore delle ricerche di FPC e tra i responsabili del progetto "A New Grand Bargain for Peace", il Vice-Presidente del PE ha dichiarato: “L’attuale crisi nucleare iraniana non sarà risolta pacificamente senza la promessa di un nuovo regime globale di gestione delle Armi di Ditruzione di Massa (ADM). Gli USA  sostanziale riforma dell’ordine mondiale approvata dai leader internazionali al meeting delle Nazioni Unite del settembre 2005.”

Il primo rapporto sulla sovranità, presentato al workshop di Bruxelles, muove dalla necessità del superamento di un ordine mondiale definito secondo i criteri post-wetfaliani di sovranità nazionale, ovvero: quello che accade in un paese non può più essere considerata una mera questione di interesse nazionale. “La comunità internazionale – si legge nel rapporto elaborato dal CIR, responsabile di questa sezione del progetto – avrà non solo il diritto ma il dovere di intervenire in certi casi specifici.” In realtà è quanto sta già avvenendo nei fatti – si pensi ai due casi-tipo, la guerra in Kosovo ed in Iraq, in cui si è formalmente prefigurata la violazione dello schema canonico - mentre invece permane il ritardo dell’ordinamento internazionale nell’adeguarsi alla nuova realtà mondiale. In tal senso, i risultati conseguiti nel vertice del Millennio delle Nazioni Unite sono da considerarsi del tutto modesti.

Il rapporto si concentra sull’analisi delle prassi stabilite negli ultimi 15 anni in cui la sovranità nazionale è andata configurandosi come un importante elemento responsabilizzante l’iniziativa di uno Stato nella protezione del suo popolo. Questo punto è stato ribadito da organismi internazionali come la Convenzione sui genocidi, dai diversi tribunali speciali istituiti per l’ex Yugoslavia, il Rwanda, la Sierra Leone e, nel 2004, dalla Dichiarazione di Stoccolma sulla pulizia etnica ed il genocidio. “Ciascuno di questi strumenti legali – si dice nel rapporto del CIR – fornisceUlteriori progressi in tal senso sono stati compiuti nel 2001 con il Rapporto della Commissione Internazionale sull’Intervento e la Sovranità nazionale (ICISS) e, nel 2003, con il Rapporto sulle Minacce, le Sfide ed il Cambiamento realizzato dal Panel di Alto Livello coordinato dal Segretario Generale dell’ONU. In sintesi, in quel rapporto si conviene sull’impossibilità di appellarsi al diritto di sovranità là dove dovessero intervenire drammatiche violazioni ai diritti umani, tali da impedirne il controllo ed il contenimento da parte delle istituzioni nazionali, con un significativo cambiamento di filosofia, dal concetto di “diritto ad intervenire” a quello di “responsabilità di proteggere” un popolo da una catastrofe.

Ma oltre al problema di impedire un abuso nell’interpretazione dei suddetti criteri – azioni unilaterali o “coalizioni dei volenterosi” – l’altra questione attiene a quanto dichiarato a Chicago, nel 1999, alla viglia dell’attacco in Kosovo, dal Primo Ministro Tony Blair: “Una qualunque nuova norma (…) potrà funzionare solo se inserita nella riforma delle istituzioni internazionali che la dovranno applicare. (…) di cui le Nazioni Unite dovranno rappresentare il pilastro centrale. Ma si deve anche trovare una nuova strada per fare in modo che ONU e Consiglio di Sicurezza funzionino.”

 

 

  consistenti danni alla popolazione civile. A proposito dell’inefficacia se non addirittura del carattere controproducente dell’attuale sistema delle sanzioni, il gruppo di FPC suggerisce “l’eccellente opportunità offerta dall’ingresso dell’India tra i membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per avviare una sostanziale riforma delle leggi e delle prassi nell’applicazione delle sanzioni.”

  In generale, si solleva l’opportunità di rivedere le regole internazionali sulla detenzione di “nemici combattenti” imprigionati senza processo e senza garanzie di monitoraggio delle condizioni di detenzione.

Sull’Iraq, viene stigmatizzata la condotta degli alleati soprattutto sul mantenimento del segreto in merito all’effettivo numero di vittime civili. “La condanna unanume che si è levata nel mondo attorno al numero elevatissimo di vittime civili provocate con strumenti non legali – scrive Austin – invita all’istituzione di un nuovo ordinamento internazionale che imponga ad uno Stato in guerra il monitoraggio e la valutazione dell’impatto della guerra sulle popolazioni civili (…). Gli Stati dovrebbero presentare un rapporto al Consiglio di Sicurezza per una immediata divulgazione pubblica.” Secondo l’autore questa scelta, oltre che umanitaria, sarebbe anche razionale poiché solo conoscendo l’esatto impatto sui civili uno Stato può svolgere una pianificazione razionale della strategia bellica.Ulteriori proposte e temi di approfondimento su questa specifica area di ricerca saranno avanzati nel corso del progredire del progetto.

Il problema delle Armi di Distruzione di Massa – affrontato nel rapporto dell’Asian Studies – individua nell’attuale crisi iraninana lo scenario emblematico e rappresentativo dell’entità della questione. Secondo gli USA, l’Iran sta violando il trattato sulle ADM in tutte e tre le sue declinazioni (nucleari, chimiche, biologiche). Inoltre, lo sviluppo di una automoma capacità missilistica rappresenterebbe in sé una minaccia alla pace mondiale. USA e Inghilterra hanno avanzato nel 2005 l’appello per una riconsiderazione delle classificazione e rlativa regolamentazione delle ADM in riferimento ad eempio alle piattaforme missilistiche che sono lo strumento con il quale lanciare gli attacchi biologici, chimici e nucleari. Si può quindi considerare l’esistenza di piattaforme missilistiche una forma di ADM?Sulla produzione di tecnologia atomica finalizzata all’applicazione negli armamenti militari, gli Stati Uniti sono leader incontrastati. I vari fronti di negoziazione internazionale per giungere ad accordi di sospensione e smantellamento degli arsenali sono tuttora in fase di stallo.

Sui missili non vi sono accordi internazionali cui aderiscano tutti i paesi detentori di centrali balistiche. Gli unici accordi sono bilaterali ed escludono comunque molti degli attori in gioco. “I tentativi americani di sviluppare un sistema di difesa missilistico nazionale, che ha determinato il ritiro degli USA dal trattato bilaterale contro la proliferazione di basi missilistiche a suo tempo stipulato con l’ex Unione Sovietica – si legge nel rapporto – è stata una ulteriore causa di destabilizzazione del già precario sistema di non proliferazione.” Se a questo si aggiunge il comportamento della Corea del Nord che esporta missili a paesi sospetti si può compredere come il quadro sia tutt’altro che roseo.

 

Towards a New Grand Bargain for Peace: The Progressive Codification of International Security Law:

Janusz Onyszkiewicz, Bartek Nowak, Per il Foreign Policy Centre, Greg Austin, Senior Associate di FPC ed autore di molteplici libri di geopolitica e politica militare.Iran: Avoiding War. Amidst a Diplomacy of Hate  e che può essere consultato sul sito

Link esterno: www.asiancenturyinstitute.org

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