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Towards a Palestinian State

Il Piano Blair per lo sviluppo economico del West Bank

“Israele e Autorità Palestinese stanno cooperando per il raggiungimento di un accordo che garantisca al processo di pace di consolidarsi e raggiungere l’obbiettivo di portare alla creazione di uno Stato Palestinese autonomo.”
Nel presentare Towards a Palestinian State, il piano per lo sviluppo economico dei territori occupati, Tony Blair non ha nascosto quanto profondamente creda che la pace vada costruita  con gesti concreti, con l’attenzione ai dettagli, con quei piccoli passi capaci di cambiare la vita quotidiana delle persone, offrendo loro qualcosa in più della speranza: la “prova” che la pace è possibile.
E la pace è sempre possibile, anche quando il dialogo è viziato da un odio che il sangue versato rinnova, in israeliani e palestinesi, in una spirale perversa che solo la buona volontà e la disponibilità all’ascolto reciproco potranno riuscire a fermare.
Blair ha portato in Medio Oriente, la lezione appresa in Irlanda del Nord. La pace - non si stanca di ripetere il Rappresentante speciale del Quartetto il Medio Oriente – è una questione di dettagli, di problemi concreti cui è necessario trovare risposte immediate, semplici, ragionevoli.
È questa la strada che l’ex premier britannico ha scelto di seguire per tradurre in realtà il sogno della pace tra palestinesi ed israeliani. Annapolis, per Blair, è stata tutt’altro che una vetrina. È lì che lo scorso novembre, su impulso del Presidente americano George W. Bush, si è cominciato a inquadrare la vicenda israelo-palestinese, non dalla prospettiva solenne dei grandi principi, ma da quella concreta della realtà sul campo.  Dalla filosofia, si è passati alla politica, ovvero alla realizzazione delle condizioni preliminari all’affermazione di una democrazia compiuta – e dunque pacifica - nei territori occupati. È questo scarto “epistemologico” che ha permesso di ragionare su quali siano – in concreto – queste condizioni preliminari e quali, dunque, gli strumenti per realizzarle.
La risposta è semplice: la pre-condizione alla fine della violenza tra Palestinesi e Israeliani è lo sviluppo economico della striscia di Gaza. È la crescita civile dei territori, infatti, lo strumento migliore per restituire la popolazione palestinese ad una normalità fatta di speranza e tolleranza.
La Conferenza dei donatori che si è svolta a Parigi poche settimane dopo Annapolis è stata una seconda tappa di questo percorso che si annuncia lungo, difficile ma necessario. A Parigi la comunità internazionale ha accettato la responsabilità di contribuire concretamente alla pace finanziando lo sviluppo economico dei territori. Si è raccolto denaro, e si è affidato a Tony Blair il compito di pianificare il modo in cui investirlo. Blair non ha perso tempo, poiché il tempo - si sa - per la pace è un fattore cruciale. E questo è il momento giusto per intervenire. C’è la disponibilità al dialogo, c’è la volontà della comunità internazionale, c’è il bisogno dei palestinesi e degli israeliani di vivere senza paura.
Alla vigilia delle celebrazioni del sessantesimo anniversario della nascita dello Stato di Israele, Tony Blair ha così annunciato un piano per lo sviluppo dell’economia palestinese. Towards a Palestinian State si compone di una serie di progetti mirati che, in pochi mesi, permetteranno la creazione di posti di lavoro e la costruzione di infrastrutture necessarie alla nascita di un tessuto imprenditoriale in un area, come quella del West Bank, oggi assolutamente priva di prospettive economiche.
David Craig, responsabile regionale della Banca Mondiale, ha accolto con entusiasmo il piano Blair che ha definito “un passo nella giusta direzione”. Secondo Craig, le misure elaborate dall’Inviato del Quartetto “contribuiranno a costruire la fiducia, innescando un ciclo virtuoso per la crescita dei territori.”
L’ambizione di Blair è propria quella di avviare un processo capace di restituire ai palestinesi l’opportunità di una vita normale, libera dalla schiavitù di un odio che non ha trovato ostacoli al suo radicamento in una società priva di mezzi, di prospettive occupazionali, persino di un ambiente urbano decoroso. Lo sviluppo economico, al contrario, può restituire la speranza a quei giovani palestinesi che oggi non hanno altro nel loro futuro se non il martirio.
Blair, tuttavia, sa bene che nessun progetto potrà tradursi in realtà finché non saranno superati gli ostacoli materiali che oggi impediscono lo sviluppo economico dell’area. Si tratta di permettere la libera circolazione delle persone e delle merci che oggi è impedita dai check-point israeliani. Una misura di garanzia, questa, radicale ma purtroppo necessaria alla sicurezza di Israele.
Ebbene, Blair ha ottenuto dal governo di Israele l’ok alla smobilitazione progressiva dei controlli frontalieri. Un primo, significativo passo che innescherà il processo, permettendo subito l’implementazione di un set di misure concrete.
Si comincerà proprio dal West Bank, con la progressiva rimozione di quattro punti di controllo.
“Sarà un test importante – ha dichiarato Blair  lo scorso 13 maggio – per dimostrare che ci sono le condizioni per allentare progressivamente l’occupazione.”
Nei prossimi mesi, si procederà alla progressiva costruzione di una “zona di sicurezza economica”, attorno all’area di Jenin, nel nord del West Bank. “È necessario – ha riflettuto Blair - che i palestinesi abbiano la speranza concreta di vedere il loro territorio progressivamente liberato dagli occupanti.”  
Si tratta, nello stesso tempo, di garantire la sicurezza di Israele. Ed è questo il punto più sensibile. Sarà sufficiente un semplice atto di violenza perché venga meno la fiducia che oggi Ie autorità israeliane hanno inteso riporre nel piano Blair, e con essa, la speranza per la rigenerazione civile dei territori.
È dunque più che mai necessario che l’Autorità Palestinese si impegni al massimo nel prevenire la violenza, accentuando il controllo sulle fazioni violente ed esercitando pressioni su Hamas perché cooperi alla liberazione del popolo palestinese, contribuendo in concreto alla normalizzazione della vita nei territori.
Nel presentare il piano, Blair ha tenuto a precisare che si tratta “solo dell’inizio”. Il cammino è lungo ma – ha osservato il responsabile del quartetto per il processo di pace – il piano getta in concreto le fondamenta dello Stato Palestinese.
Quattro le direttrici tracciate in Towards a Palestinian State: lo sviluppo economico e sociale; l’allentamento dei vincoli alla libera circolazione delle persone e delle merci; lo sviluppo dell’Area C che copre il 60% del West Bank ed è soggetta agli Accordi di Oslo; l’implementazione di un sistema di sicurezza gestito direttamente dai palestinesi.
Il piano avrà dunque un carattere “sperimentale”. Se avrà successo, potrà essere esteso al resto dei territori. “Ma richiederà il rispetto degli impegni assunti da entrambe le parti” – ha sottolineato Blair.
La condizione per l’estensione e lo sviluppo del piano è, infatti, la sicurezza di Israele. È per questo necessario avere la prova dell’impegno palestinese ad assumere la sicurezza di Israele come proprio obbiettivo. “Solo in questo caso – ha precisato Blair – si procederà con l’ulteriore implementazione del piano.”
Intanto, nelle prossime settimane saranno avviati i seguenti progetti:
•    il Parco Industriale di Jenin – una partnership tra Autorità palestinese e governo tedesco, per la costruzione di una rete idrica ed elettrica che avrà l’obbiettivo di favorire la creazione di nuove imprese e l’attrazione di investimenti stranieri;
•    il Parco Industriale di Tarqumiya – un progetto volto alla creazione di un bacino per l’insediamento di imprese straniere. L’obbiettivo è la generazione di nuova occupazione nella regione di Hebron;
•    la concessione telefonica di Wataniya – le frequenze concesse dal governo israeliano all’Autorità Palestinese permetteranno lo sviluppo della rete di comunicazione nei territori, favorendo non solo l’afflusso di risorse ma anche la creazione di posti di lavori, direttamente legati all’impresa di telecomunicazioni ed al relativo indotto industriale;
•    il turismo a Bethlehem – Israele finanzierà lo sviluppo e la promozione del turismo in Terra Santa, sensibilmente cresciuto negli ultimi tempi. Verranno potenziate le strutture di accoglienza e implementati i servizi di trasporto con Gerusalemme;
•    il Ponte di Allenby – verrà esteso l’orario di apertura e garantita la presenza di ufficiali della dogana palestinese per il controllo del passaggio delle merci;
•    l’area agro-industriale di Gerico – Si procederà alla costruzione di un parco agro-industriale, secondo il progetto elaborato dall’Agenzia giapponese per la cooperazione.
Saranno inoltre realizzati progetti di urbanizzazione, e di sviluppo e trattamento della rete idrica, in diverse aree del territorio.
Israele ha inoltre autorizzato l’emissione di 5000 nuovi permessi di ingresso per lavoratori palestinesi ed il prolungamento della durata per quelli già emessi, in particolare per gli operatori delle Organizzazioni non governative.
Il punto più delicato del piano riguarda la rimozione dei check-point. Attualmente, ne è stata autorizzata la dismissione a Kvasim, mentre è stato approvato l’aumento del traffico merci in alcuni punti strategici per lo sviluppo delle attività economiche palestinesi. Si proseguirà in seguito allo smantellamento di altri check-point, previa verifica delle condizioni di sicurezza.
“Se la situazione della sicurezza a Gaza migliorerà, migliorerà anche la vita dei cittadini di Gaza” – scrive Blair in una nota in calce al piano. “Purtroppo però finché questo non avverrà, finché l’Autorità Palestinese non avrà assunto il pieno controllo e non saranno rispettate le condizioni definite dal Quartetto, le prospettive di crescita saranno inevitabilmente limitate.”
Un messaggio di speranza, però, è possibile coglierlo. “Se il piano funziona – osserva il responsabile del Quartetto – lo si potrà sviluppare. È così che, progressivamente, la vita quotidiana dei palestinesi migliorerà senza che venga messa a repentaglio la sicurezza degli israeliani.”
“È mia profonda convinzione – conclude Blair – che questi passi contribuiranno ai negoziati di pace ed al raggiungimento di un accordo stabile perché i due paesi possano finalmente vivere, in pace e prosperità, l’uno a fianco dell’altro.”
Towards a Palestinian State può essere consultato in versione integrale sul sito del Tony Blair Office.



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